01
09
2019

Nadège Gayon-Debonnet: la vita di una traduttrice specializzata in localizzazione di videogiochi

Quando la traduzione è un gioco: la localizzazione di videogiochi raccontata da una traduttrice appassionata di videogiochi.

Arrivati direttamente dal Giappone, i videogiochi, in principio destinati ai nerd, hanno velocemente sedotto una vasta porzione di pubblico e attraversato molte generazioni. Col passare del tempo, le sale giochi sono state rimpiazzate dai computer portatili. Ed è così che il fenomeno dei videogiochi ha superato le frontiere e si è diversificato. Infatti, al giorno d’oggi, se potete giocare online con il vostro compagno cinese o venezuelano o di qualunque altra nazionalità in universi sempre più grandiosi, da una parte è grazie all’evoluzione tecnologica e dall’altra è grazie ai traduttori specializzati in localizzazione di videogiochi. Dopo aver studiato tedesco, italiano, russo e slovacco fino all’università, Nadège Gayon-Debonnet ha deciso poi di dedicarsi completamente all’inglese conseguendo la Laurea triennale in Lingue, Letterature e Culture Straniere presso l’Università Blaise Pascal di Clermont-Ferrand e la Laurea magistrale in “MéLexTra” presso l’Università di Lille 3. Questa giocatrice è oggi traduttrice specializzata in localizzazione di videogiochi e ha contribuito, tra tanti, alla realizzazione di Dragon Age: Inquisition e a diverse opere della serie Tales of.

In questa intervista con Cultures Connection, ci parla della quotidianità di questo mestiere ancora sconosciuto nel settore della traduzione.

Come definiresti la localizzazione di videogiochi?

Innanzitutto, direi che è un lavoro che a volte è un pò come il gioco d’azzardo. Dato che spesso non abbiamo molte informazioni sul contesto di ciò che dobbiamo tradurre e non siamo mai sicuri di ottenere risposta alle nostre domande, è necessario fare dei controlli incrociati e delle supposizioni sulla base dei pochi elementi a disposizione. Bisogna anche essere curiosi. Ad esempio, per un gioco di esplorazione spaziale, ho dovuto cercare termini di botanica, geologia, chimica, meccanica e fisica quantistica!

In secondo luogo, rappresentiamo uno degli ultimi anelli della catena di creazione del gioco e, occupandoci principalmente del testo, dobbiamo spesso riparare gli errori degli ideatori. Inoltre, riceviamo anche dei testi non completi perché il lavoro dello sviluppatore viene svolto in parallelo. Bisogna dunque adattarsi giorno per giorno ai cambiamenti che possono insorgere e ricordarsi che a volte un testo su cui abbiamo speso tre giorni potrà non servire affatto per la versione finale.

Sei anche una giocatrice?

Sì, ma non dedico tanto tempo ai miei giochi quanto vorrei. Sono mesi che Skyrim è sul mio computer in attesa di essere aperto ma non ho ancora avuto occasione di giocarci. Gioco soprattutto sul cellulare, è più semplice trovare il tempo per una breve partita piuttosto che perdere ore ed ore giocando al PC o alla console.

Lavori in squadra?

Sì e no. Lavoro da casa ma, di fatto, siamo generalmente in tanti a lavorare sullo stesso gioco. Sono sempre in contatto diretto con il project manager e a volte con il revisore o il traduttore se sono io a revisionare. Inoltre, a volte, per alcuni progetti può succedere che tutti si ritrovino a conversare su Skype per condividere le scelte terminologiche.

Quali programmi di traduzione assistita utilizzi?

Da qualche anno, utilizzo esclusivamente MemoQ. Tutti i miei clienti lo utilizzano e devo dire che lo trovo molto pratico. Prima di questo, utilizzavo Trados Studio e, ancora prima, Trados 2007.

Quali sono i clienti più importanti nella localizzazione di videogiochi?

Ci sono due tipi di clienti: gli editori di videogiochi e le agenzie di localizzazione che fanno da intermediario tra editori e traduttori. Per quanto mi riguarda, lavoro principalmente per le agenzie. Sebbene le tariffe siano meno elevate rispetto a quelle degli editori, le agenzie si occupano di gestione (spesso complessa) di progetti e dei rapporti (anch’essi spesso complessi) con gli editori, e questo è già un sollievo.

Se dovessi imparare un’altra lingua per espandere le tue competenze nella localizzazione di videogiochi, quale sarebbe?

Il giapponese. Lavoro spesso su giochi tradotti dal giapponese all’inglese da tradurre poi verso le altre lingue europee. Questo sistema di traduzione-intermediaria permette di minimizzare i costi per gli editori, ma a volte a discapito della qualità. Mi ritrovo spesso a pensare che sarebbe più semplice se capissi il giapponese, poiché il testo di origine figura spesso nel file a lato della versione inglese. Ma è abbastanza difficile trovare il tempo per imparare una lingua così complessa.

Hai un aneddoto da raccontare che riassume la realtà del localizzatore di videogiochi?

Durante il mio stage, uno dei project manager mi ha detto: «Se un giorno dovessi scrivere la mia autobiografia, la intitolerò Could you please provide more context». Mi dico spesso la stessa cosa. È la frase che scriviamo di più in questo mestiere, non nelle traduzioni, bensì nei file con le domande che inviamo agli sviluppatori per avere dei chiarimenti. C’è da dire che il testo di origine sembra spesso una lunga lista di parole senza la minima logica.

Che gioco sogni di tradurre e perché?

Mi piacerebbe lavorare sulle saghe Zelda e Final Fantasy, semplicemente perché sono i miei giochi preferiti! Mi piace molto il concetto di queste due serie: inventare ogni volta una storia nuova, ma conservando degli elementi ricorrenti. Sfortunatamente, non ho ancora avuto l’occasione di confrontarmici professionalmente.

Traduzione in italiano: Fabio Forleo

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Questo articolo è stato scritto da Lara

Lara ha studiato fotogiornalismo presso IHECS a Liegi (Belgio). Ha viaggiato molto in Asia e in Nuova Zelanda. Ora vive a Buenos Aires e lavora a Cultures Connection.